“Per troppi genitori sport equivale a risultato. I miei mi hanno lasciato libero, anche di sbagliare”.

di Filippo Panigada, Goal Solutions – ISISS Don Milani Tradate.

Intervista a Marco Allegretti, ex giocatore professionista di basket (Varese, Venezia, Napoli tra le grandi piazze dove ha giocato, oltre che nelle Nazionali giovanili), attualmente allenatore di settore giovanile.

COME SI È AVVICINATO AL BASKET?

Ho iniziato con il basket all’età di 9 anni, alle scuole elementari durante l’ora di educazione fisica, è venuto un istruttore del settore giovanile della pallacanestro Varese e mi ha convinto ad andare a provare con loro per qualche allenamento. Fortunatamente ho fatto subito amicizia con i ragazzi che facevano già parte della squadra e da quel momento non ho voluto più smettere.

I SUOI GENITORI L’HANNO SUPPORTATO NEL PERCORSO?

Si, devo dire che i miei genitori sono sempre stati felici e mi hanno sempre supportato nel mio percorso, sia per quanto riguarda il settore giovanile sia in quello professionistico. Chiaramente mi veniva chiesto di riuscire a conciliare al meglio la parte sportiva con quella scolastica, e quando quella scolastica non andava come loro volevano, dovevo saltare degli allenamenti o partite per recuperare. 

COME ERANO I SUOI GENITORI NEI CONFRONTI DEGLI ALLENATORI CHE HA AVUTO?

Sono sempre stati molto rispettosi nei confronti dei miei allenatori, non si sono mai permessi di chiedere spiegazioni nei momenti in cui io giocavo poco e facevo fatica a giocare bene. Anzi parlavano con me per capire e cercare di aiutarmi ad aumentare il mio minutaggio o giocare meglio. Non ho mai visto mio papà o mia mamma contestare una decisione dell’allenatore, anche se ovviamente qualche volta non erano d’accordo. Questa cosa credo sia molto importante per un ragazzo giovane, perché evita di mettere il ragazzo in ulteriore difficoltà o imbarazzo nei confronti dell’allenatore.

COME SI È TROVATO NEI CONFRONTI DEI GENITORI DEI RAGAZZI CHE ALLENA O CHE HA ALLENATO? PREFERISCE ALLENARE I “GRANDI” ?

Fino ad oggi sono stato abbastanza fortunato con i genitori dei ragazzi che ho allenato, tranne qualche episodio dove alcuni genitori facevano fatica ad accettare le sconfitte dei loro figli. Cosa che trovo abbastanza assurda, soprattutto se si parla di ragazzi molto giovani (12 – 13 -14 anni) dove la cosa più importante deve essere lo spirito con cui affrontano allenamenti e partite e il gruppo che riescono a creare nella squadra. Il risultato sportivo in quelle fasce di età deve essere assolutamente secondario. Purtroppo, questa cosa è molto difficile da fare capire ad alcuni genitori che, abituati a vedere lo sport solo ed esclusivamente come risultato, non accettano di vedere i loro figli perdere qualche partita. Personalmente preferisco allenare fasce di età più grandi (16-17-18 anni) o giocatori di campionati senior , ma non perché in questo modo i genitori sono meno “ingombranti”, solo ed esclusivamente perché riesco a fare un lavoro tecnico più vicino alle mie idee.

CHE TIFOSI ERANO I SUOI GENITORI QUANDO GIOCAVA DA  RAGAZZINO? LO HANNO LASCIATO LIBERO O LO HANNO PRESSATO NELLE SUE SCELTE?

Da ragazzino i miei genitori mi hanno sempre lasciato scegliere liberamente cosa fare, ovviamente mi davano consigli e cercavano di farmi capire se, secondo loro, sbagliavo qualcosa, ma in generale nelle mie scelte sono sempre stato libero, anche di sbagliare. Che è una cosa importante, a volte sbagliare aiuta il ragazzo a capire e a fare le proprie scelte future con una visione diversa. Con il passare degli anni, quando sono diventato professionista, le mie scelte sono state sempre più condivise con i miei genitori, anche perché cominciavano ad essere scelte importanti per il futuro. Ma spesso e volentieri ero proprio io a chiedere a loro consigli, anche perché sapevo che loro non mi avrebbero forzato su una scelta piuttosto che un’altra. Credo che un ragazzo debba essere libero di scegliere quello che più si sente di fare, il compito dei genitori credo debba essere quello di vigilare con attenzione su quello che fanno ed eventualmente far capire al ragazzo se sta sbagliando, ma senza mai obbligare e forzare una scelta.  Anche perché si potrebbe creare l’effetto contrario, cioè che poi il ragazzo perda la motivazione e l’interesse per quello che sta facendo.

COSA NE PENSA DEL TROPPO COINVOLGIMENTO DEI GENITORI NEL BASKET? SERVE UNA SCUOLA PER “INSEGNARE” AI GENITORI DEGLI SPORTIVI COME COMPORTARSI?

Credo che un genitore debba limitarsi nel supportare il proprio figlio e ad incoraggiarlo in quello che fa, al di là del risultato personale e di squadra. Non mi piace vedere genitori che pretendono dagli allenatori e società che il figlio giochi più di un altro o addirittura di entrare in discorsi tecnici.  A questo proposito credo che le società dovrebbero organizzare ogni tanto degli incontri con i genitori per chiarire queste cose, magari con l’aiuto di psicologi sportivi.  Parlare di queste cose per capire meglio le dinamiche sportive e comportamentali all’interno di un gruppo credo possa essere molto utile per tutti. 

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